Plato’s Pharmacy
a cura di Barbara Meneghel
Diego Marcon
Mariana Silva
inaugurazione:
Venerdì 25 giugno 20.30 - 24.00
Sabato 26 giugno 12.00 - 20.00
via Modenese 165, Pistoia
fino al 30 settembre, solo su appuntamento
Press Release
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“Un testo è un testo solo se nasconde al primo sguardo, al primo venuto, la legge della sua composizione e la regola del suo gioco”. (J.Derrida, La pharmacie de Platon, 1968)
Il progetto intende far dialogare negli spazi di Uscita Pistoia due giovanissimi artisti internazionali, invitati a realizzare un lavoro inedito appositamente per la mostra.
Nasce così un interessante confronto dialettico basato su un punto di partenza comune, attorno a cui entrambi costruiscono la propria riflessione: l’immagine intesa come traccia visibile di qualcosa che in realtà la trascende.
È di fatto una nozione su cui secoli di filosofia occidentale (inevitabilmente a partire dall’eidos platonico e dall’eidolon neoplatonico) hanno riflettuto: l’immagine è da considerarsi come sintesi tra due dimensioni differenti; introduce una forma sensibile, cui ci si rapporta direttamente, ma al tempo stesso anche un elemento che ne problematizza i confini, permettendo di vedere al di là da sé. Le si riconosce quindi una funzione di mediazione, di ponte tra visibile e invisibile. Un concetto simile, da questo punto di vista, a quello di traccia nella filosofia di Jacques Derrida: elemento da intendersi come segno presente di un’assenza.
Dato questo assunto comune, gli approcci dei due artisti possono essere considerati complementari: ciascuno sembra muoversi in una direzione uguale e contraria a quella dell’altro, quasi recuperando gli estremi della disputa tra iconoclastia e iconofilia che ha attraversato gran parte della storia del cristianesimo occidentale.
Nel lavoro di Diego Marcon, l’immagine materiale è condizione e risultato del suo al di là immateriale.
Il video, girato all’interno di una fabbrica in Brianza che produce cartoline – ma estraneo a qualsiasi intento documentario relativo all’azienda - ripensa la cartolina stessa in quanto oggetto-immagine con una valenza ben precisa: incarnare la summa di un immaginario collettivo e popolare legato alla vacanza. Un oggetto iconografico, dunque, che condensa un mondo di sapori, colori, rumori vivi e reali in un dato fisico immobile e silenzioso. Alla base, un ideale processo di
smaterializzazione fino al silenzio e l’immaterialità di una fotografia, che è ormai grumo, traccia, alone di qualcosa che non è ora. Sintomo silenzioso e cristallizzato di un immaginario complesso che trascende la rappresentazione stessa, sostituzione presente di un ricordo assente. Come traccia concreta che accompagni il progetto in mostra infine, l’artista invierà una serie
di reali cartoline: segno discreto e tangibile di una riflessione più profonda costruita attorno a questo elemento.
Mariana Silva dedica invece il suo progetto alla figura della fotografa americana Lee Miller.
Celebre come modella a New York negli anni Venti, e quindi come fotografa di moda a Parigi, Miller è stata reporter di guerra per la rivista Vogue durante il Secondo Conflitto Mondiale. La riflessione dell’artista prende le mosse da un’immagine in particolare che la ritrae nella vasca da bagno di Adolf Hitler nel 1945, scattata a Monaco nell’appartamento privato del dittatore nazista proprio nei giorni in cui la guerra finiva, e Hitler moriva suicida a Berlino. Il gesto della fotografa, cui l’immagine porta a riflettere, è un atto di anti-simbolismo, di anti-mitizzazione del personaggio: di fatto, Lee Miller spoglia il contesto hitleriano delle sue implicazioni iconiche e idealizzate, riportandolo alla sua gestualità e funzionalità quotidiana, pratica e concreta. Un passaggio, questa volta, dalla dimensione collettiva (la rosa di implicazioni legate alla dittatura, in quanto fenomeno collettivo per eccellenza) a quella individuale, privata, intima. Il processo, questa volta, porta verso il concreto, verso il reale. L’al di là dell’immagine viene progressivamente abbandonato per riflettere sul versante concreto che essa di fatto è.
Diego Marcon è nato nel 1985 a Busto Arsizio (VA). Vive e lavora tra Milano e Venezia. Nel 2006 si è diplomato presso la Scuola di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano. Nel 2007 si è iscritto alla facoltà di Arti Visive e dello Spettacolo dell’Università IUAV di Venezia. Nel 2009 ha partecipato al Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Antonio Ratti, e preso parte al programma di residenze della Dena Foundation for Contemporary Art di Parigi. Ha ottenuto per l’anno 2010 uno studio presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Tra le mostre cui ha partecipato ricordiamo: perarolo09, a cura di Daniela Zangrando (Perarolo di Cadore, BL), 2009; Details, a cura di Roberto Pinto (La Veronica Arte Contemporanea, Modica, RA), 2009. Tra i festival: VIDEO.it, a cura di Francesca di Nardo, 2009.
Mariana Silva è nata nel 1983 a Lisbona, dove vive e lavora. Si è diplomata presso la facoltà di Belle Arti dell’Università di Lisbona, e ha lavorato nel 2008 come assistente per l’artista Julieta Aranda. Da ottobre 2009 a marzo 2010 è stata artist-in-residence presso l’International Studio & Curatorial Program (iscp) di New York. È co-autrice con Pedro Neves-Marques del libro d’artista The Escape Route’s Design, pubblicato sull’ e-flux Journal nel maggio 2009. Tra le sue recenti mostre collettive: Perpetual Interview (Cristina Guerra Contemporary Art, Lisbona), 2010; Into the Unknown (Ludlow 38, New York), 2010; República ou o Teatro do Povo (Arte Contempo, Lisbona), 2009; BesRevelação 2008 (Serralves Museum, Oporto), 2008; Eurásia (Anastácio Gonçalves Museum House, Lisbona), 2008; Antes que a produção cesse (Espaço Avenida, Lisbona), 2007.